Una crisi dettata dalle leggi del mercato

L'Introduzione di Andrea Fumagalli e Stefano Lucarelli, che con Hervé Baron ne ha curato la traduzione, descrive in modo impeccabile il percorso teorico di Orléan, evidenziandone l'originalità in un contesto accademico ancora largamente
dominato dalla teoria liberista dell'efficienza dei mercati finanziari, l'idea secondo cui il perseguimento del solo interesse privato è in grado di per sé di costruire delle mediazioni finanziarie efficaci.
Le crisi, che da trent'anni punteggiano a ritmi crescenti l'espansione dei mercati finanziari su scala mondiale, ci raccontano una storia assai diversa, e cioè che sui mercati finanziari il principio della concorrenza perfetta postulata dalla teoria neoclassica non regge a causa della natura stessa dei beni che di volta in volta sono oggetto della domanda degli investitori, siano essi i beni immateriali delle tecnologie internettiane o i beni immobiliari della più recente ondata
speculativa dei mutui subprime. Le crisi, sostiene Orléan, «non sono incidenti dovuti a comportamenti irrazionali, o a difetti istituzionali, queste esplosioni sistematiche devono essere comprese come il risultato del libero gioco delle forze concorrenziali ogni qual volta queste si applichino alle attività finanziarie».
Infatti, sui mercati delle attività finanziarie, l'aumento della domanda di un bene ne fa aumentare il prezzo ma, a differenza di quanto accade sui mercati delle merci ordinarie secondo la legge della domanda e dell'offerta, questo aumento fa crescere ulteriormente la domanda, invece di ridurla! Un bene come la casa, se pensiamo alla crisi dei mutui subprime, non è solo un valore d'uso, ma è un valore finanziario la cui domanda genera un accrescimento del suo rendimento sottoforma di plusvalenze, il che la rende ancora più attraente agli occhi degli investitori. Quando la comunità degli investitori concentra la sua brama su determinati titoli, i mercati diventano autoreferenziali, si muovono cioè secondo modalità che nulla hanno a che vedere con la cosiddetta economia reale. «Una volta avviato, questo processo produce forti disordini perché ogni incremento spinge a un ulteriore incremento, ne consegue un aumento vertiginoso del prezzo, che si chiama 'bolla'». I mercati, per così dire, impazziscono, ma questo è del tutto coerente con il principio della concorrenza applicato alla finanza. Ne consegue che la crisi «non è dovuta al fatto che le regole del gioco finanziario sono state aggirate ma al fatto che sono state seguite». La crisi, in altre parole, è endogena, non è imputabile esclusivamente a fattori esterni, neppure alla famigerata cartolarizzazione dei mutui bancari che tanto ha contribuito a gonfiare il mercato immobiliare statunitense trasformando i crediti (non solo quelli ipotecari) in titoli liquidi negoziabili sui mercati finanziari.
Grazie alla deregolamentazione di tutti i mercati dei capitali e alla privatizzazione crescente dei beni pubblici, la finanziarizzazione ha trasformato sempre più valori d'uso in beni (titoli) finanziari soggetti a speculazione. In questo processo, la finanziarizzazione ha imposto la sua logica al mondo intero, facendo della crisi il fondamento del suo stesso modo di funzionare. E' un processo, quello della finanziarizzazione, di inclusione e poi di esclusione, di estensione del modo capitalistico di produzione a mercati pre-capitalistici, e di
successiva espulsione e pauperizzazione di coloro che in questo processo sono stati privati dell'accesso ai beni comuni. Una sorta di riedizione continua dell'accumulazione primitiva, di recinzione delle terre (beni) comuni e di proletarizzazione di masse crescenti di cittadini.
L'originalità delle analisi di Orléan, che risale ai suoi primi lavori teorici sviluppati con Michel Aglietta, in particolare La violence de la monnaie del 1982, sta nel dimostrare come i mercati finanziari procedano da una bolla all'altra sulla base di «convenzioni collettive», vere e proprie elezioni di beni-titoli che di volta in volta innescano movimenti speculativi contagiosi, il cosiddetto mimetismo degli investitori alla ricerca del rappresentante della ricchezza universale.
Il comportamento mimetico spinge gli uomini a volersi impadronire di ciò che l'altro riconosce come prezioso, così che, alla fine, l'imitazione generalizzata converge verso una credenza comune su cui può costituirsi la liquidità assoluta.
Il concetto di convenzione finanziaria è di Keynes, ed è particolarmente utile per capire le ondate speculative degli ultimi anni, dalla convenzione internettiana a quella dei mutui subprime, alla convenzione dei mercati emergenti. Ancora più utile è analizzare, come fanno Orléan e Aglietta, l'origine della convenzione, in primo luogo del denaro come convenzione assoluta, ricorrendo alla teoria antropologica di René Girard, nella quale la merce eletta a «merce universale», ossia la moneta, è il risultato della trasposizione della violenza sociale sul
piano istituzionale. La moneta è, cioè, un mezzo per negare, o
sublimare, la violenza essenziale, è principio di sovranità e nel
medesimo tempo veicolo di una violenza potenziale, una violenza che può scatenarsi nelle più svariate forme, dall'iperinflazione
, alla deflazione, alla crisi.
La gestione istituzionale della crisi finanziaria scoppiata nel 2007-08,in particolare la creazione su scala mondiale di una bolla sovrana di proporzioni gigantesche che sta mettendo a repentaglio gli ultimi diritti sociali e l'accesso ai beni comuni, dimostra quanto sia vera la teoria di Orléan. Non solo essa ci permette di capire il modo di funzionare dei mercati finanziari, ma ci ricorda che la violenza è sempre costitutiva della sovranità.