Eni e Total, inizia oggi la battaglia del petrolio

Andrea Palladino
SCENARI. Gli interessi italiani e francesi sono antichi. Mentre Tripoli cade, in Francia vengono resi noti i rapporti tra il trader di armi Takieddine e la compagnia petrolifera d’Oltralpe. «Pagati 6,9 milioni di euro al mediatore libanese». Le carte che imbarazzano Sarkozy
Corre la Borsa, mastica segni positivi ed euforia. Lo sguardo dei trader è fisso sulle Tv all news e sui volti esultanti di Tripoli. Guardano, sorridono e comprano: Eni e Ansaldo Sts, soprattutto, acciaio e petrolio. Un mare di oro nero e di gas pronto a rimettersi in moto, con nuovi padroni molto, ma molto disponibili con la grande coalizione dei “Volontari”, il cartello dei paesi europei che hanno preparato con cura l’arrivo dei ribelli nella capitale libica. La vera apertura di Piazza Affari ieri mattina è stata annunciata dal Ministro dei Esteri Franco Frattini: «I tecnici dell’Eni stanno già lavorando con gli insorti libici per riattivare gli impianti di petrolio e gas e il gruppo italiano avrà un futuro di primo piano nel settore energetico della Libia».
La conquista di Tripoli avvia la vera partita che si sta giocando in Libia. Oltre al petrolio, c’è il gas, sempre più prezioso, soprattutto quando inizierà l’inverno: contratti energetici che, complessivamente, coprono il 13 per cento del fatturato Eni. Ci sono poi le grandi infrastrutture – care ad Impregilo – e la realizzazione delle strade che erano state inserite all’interno dell’accordo italo-libico.
La vera battaglia, però, inizia oggi, sui tavoli delle trattative. I movimenti degli alti vertici dell’ormai “ex” regime libico sono il segnale che prelude l’avvio di negoziati riservati, sotterranei, dove non conterà più la forza militare inviata nel teatro del conflitto, ma quella serie di legami del passato in grado di aprire le porte giuste. Il governo italiano ieri si è affrettato ad incoronare il suo candidato alla guida della Libia post Gheddafi, esprimendo – attraverso le parole del sottosegretario agli esteri Alfredo Mantica – un forte apprezzamento per il numero due dell’ex regime arrivato domenica in Italia, Abdessalem Jalloud. «Dobbiamo considerare che oltre il Cnt – ha spiegato Mantica – esistono altri due attori fondamentali, i berberi delle montagne, che sono 300 mila persone, e le tribù che hanno appoggiato Gheddafi nella prima ora»: per il sottosegretario agli esteri Jalloud potrebbe essere la personalità in grado di «fare una sintesi di questo gruppo». La carta italiana da giocare per il dopoguerra.
Ieri festeggiava soprattutto la Francia, con la compagnia petrolifera d’Oltralpe Total che nel primo pomeriggio raggiungeva nella Borsa di Parigi un più 3,56 per cento; risultato migliore per la Gdf Suez, colosso del gas controllato in buona parte dal governo francese, che ha segnato un rialzo del 4,29 per cento. Aver scommesso su quel gruppo di insorti all’inizio dell’anno ha reso molto più facile il futuro prossimo per il Paese che oggi risulta essere il secondo importatore di greggio dalla Libia, subito dopo l’Italia. La Total, d’altra parte, aveva iniziato il suo piano di ampliamento della presenza nel paese africano fin dal 2008, come ha rivelato il giornale francese online Mediapart, la testata che da qualche mese sta pubblicando una serie di inchieste sulla figura del mediatore d’affari Ziad Takieddine. Un trader di armi franco-libanese molto vicino, fin dagli anni ‘90, al presidente Sarkozy, che dalla fine del 2008 ha avuto un ruolo molto importante nell’avvio delle trattative tra la Total e la compagnia libica di petrolio. Secondo la documentazione resa nota da Mediapart, Takieddine ha ricevuto dalla Total 6,9 milioni di euro «per un contratto sul gas concluso con l’ex regime libico». Un’informazione confermata nelle ore scorse da alcune fonti della compagnia petrolifera francese.
La compagnia riconducibile all’uomo d’affari di origine libanese, la North Global Oil & Gas, aveva scritto il 3 dicembre 2008 alla Total, spiegando di aver ottenuto la partecipazione in alcune concessioni come contropartita per «vari servizi tecnici in Libia». Secondo la documentazione pubblicata dal sito francese, Takieddine avrebbe ottenuto tra il 2007 e il 2008 alcune commissioni su una partita di materiale di guerra elettronica inviato in Libia «grazie all’appoggio del futuro presidente della Repubblica».
La Total, fin dal giugno 2008, era in trattativa con l’ex regime libico per l’avvio dello sfruttamento di alcuni giacimenti nel bacino Ghadames. L’intermediazione di Takieddine con la Total sarebbe, dunque, intervenuta nei primissimi mesi del 2009, due anni prima dell’intervento francese in Libia. L’intera vicenda – che potrebbe creare non pochi problemi per Sarkozy in vista delle prossime elezioni presidenziali – mostra come l’interesse di Parigi nello sfruttamento delle risorse energetiche libiche fosse nato ben due anni prima dell’avvio delle operazioni militari e dell’appoggio ai ribelli.
Oltre alla questione petrolifera, nelle prossime ore si aprirà la complessa trattativa sui fondi sovrani libici, dossier particolarmente delicato per l’Italia. Si tratta di cifre miliardarie che includono diverse partecipazioni dell’ex regime in aziende strategiche italiane, come Finmeccanica e – in misura minore – la stessa Eni. Quei fondi, per ora bloccati, richiameranno l’attenzione di molti protagonisti della trattativa sul futuro della Libia, con una parte non secondaria per l’Italia.
Non chiaro per ora appare il ruolo di Gran Bretagna e Usa, che nel conflitto hanno avuto una partecipazione di certo non secondaria, dal punto vista militare, anche se spesso poco visibile. Gheddafi non era certo amato nel mondo anglosassone, tanto che l’esportazione di petrolio verso gli Stati Uniti rappresentava fino a ieri appena il 3 per cento.
Ma domani è un altro giorno, tutto è ora di nuovo in gioco, dopo la fine di Gheddafi.