Osservatorio sull'Europa, per dire no agli interessi dei grandi capitali finanziari


di Bruno Steri

Inedita emergenza, rinnovato impegno. Questo, in estrema sintesi, è il messaggio che giunge dal terzo congresso del Partito della Sinistra Europea celebrato a Parigi dal 3 al 5 dicembre scorsi: quello che a qualcuno poteva apparire fino a ieri come un optional diviene oggi un'urgente necessità, dettata dal rapido evolvere degli avvenimenti su scala continentale. 
In effetti, il quadro europeo si presenta profondamente mutato: un altro mondo, si potrebbe dire. Quando nacque l'Eurozona (la moneta unica europea entrò in vigore in undici Paesi il 1° gennaio del 1999 e andò in circolazione, in questi Paesi con l'aggiunta della Grecia, il 1° gennaio del 2002), Rifondazione Comunista accettò la sfida per l'attivazione di un progetto europeo di segno progressivo, di un'azione politica condotta al livello di una nuova integrazione continentale. E disse: sì all'Europa e all'euro, no a Maastricht. Sapevamo che tale scelta rappresentava una scommessa sull'immediato futuro ma anche che conteneva un'intima e contraddittoria tensione. Abbiamo espresso tale difficile condizione sostenendo l'ineludibilità della dimensione continentale e, al tempo stesso, la nostra secca opposizione a questa Europa. La crisi planetaria ha enfatizzato le contraddizioni dell'approccio monetarista e delle politiche neoliberiste e "atlantiste" praticate da Bruxelles; ora i nodi di questa Europa vengono clamorosamente al pettine. Al punto che, sulla spinta di un intollerabile disastro sociale, appare messa in questione la stessa configurazione europea, così come l'abbiamo vista sino ad oggi. Se di Europa politica si può parlare, bisogna purtroppo dire che è sempre di più quella degli interessi del grande capitale finanziario. Un'Europa che parla sempre di più in tedesco. Di questo si è discusso a Parigi. Lo si è fatto con i toni dell'emergenza e con una comune e diffusa consapevolezza: il capitale ha trovato modi e strumenti per centralizzare le sue decisioni; le forze della sinistra di classe hanno il dovere di fare altrettanto, imprimendo un'accelerazione al raccordo della loro iniziativa politica e cessando sul serio di viaggiare in ordine sparso.
La Sinistra Europea è stata costituita sei anni fa sulla base di un progetto politico generale: costruire uno spazio di azione comune e di solidarietà tra "organizzazioni e partiti politici di sinistra europei, indipendenti e sovrani, che lavorino sulla base del consenso", al fine di resistere alle politiche neoliberali e proporre all'Europa un'alternativa. Non si può dire che in questi turbolenti anni la suddetta compagine politica abbia risposto alle attese e abbia brillato per la visibilità e l'efficacia della sua iniziativa. Eppure, l'esigenza di coordinamento continentale che l'ha inaugurata è oggi più che mai viva: non a caso essa è stata ripetutamente evocata dai rappresentanti dei 25 partiti membri e condivisa da quelli dei 10 partiti presenti in veste di osservatori. Spetterà ai nuovi organismi dirigenti e al nuovo presidente, un comunista (Pierre Laurent, segretario generale del Pcf), il compito di tradurre il progetto in concretezza politica: superando le residue divergenze e badando all'essenziale, volgendosi nel contesto continentale e al di là dei confini dell'Unione Europea a tutte le forze sociali e politiche (comuniste e socialiste), provando ad allargare ancor di più - anche a quelle forze che mantengono una posizione critica - il raggio dell'interlocuzione.
E, soprattutto, si tratta di offrire una sponda politica ai movimenti di protesta che stanno crescendo in tutta Europa, provando anche a costruire percorsi istituzionali che intralcino il meccanismo neoliberale. Questo è il senso della proposta di una legge di iniziativa popolare, resa possibile dalle nuove regole Ue, per la costituzione di un fondo europeo che sia vincolato alla spesa sociale e ambientale: si propone che il fondo sia alimentato dalla tassazione dei flussi finanziari e dal coinvolgimento della stessa Banca centrale Europea (con conseguente incrinatura della sua ragione sociale, sino ad oggi esclusivamente e rigorosamente tesa al contenimento dell'inflazione e all'equilibrio dei bilanci). E' evidente che tutto ciò, per non rivelarsi un libro dei sogni, deve esser legato ad una capacità di mobilitazione sociale: la raccolta di un milione di firme di cittadini europei per la promozione della legge mira precisamente a questo scopo. 
Ovviamente, è auspicabile che l'impegno per una resistenza ed un'alternativa in Europa giunga sino al nostro Paese e dia forma all'opposizione al governo delle destre: più che altrove, qui in Italia subiamo i colpi delle direttive europee senza che vi sia una chiara e diffusa coscienza del livello di centralizzazione continentale delle decisioni. Per questo è importante la riunione tenutasi a Roma subito dopo il congresso parigino, con la presenza di compagne e compagni di partiti e forze sociali (Rifondazione, Sinistra Ecologia e Libertà, Transform, Cgil, Arci, Rete dei Comunisti e ancora altre associazioni), avente come obiettivo principale la costituzione di un Osservatorio sull'Europa: una sede di ricerca, approfondimento, diffusione di informazioni nonché cerniera di raccordo sociale. Visti i tempi, ce n'è urgente bisogno.