Così il neoliberalismo ha messo in crisi la civiltà

L'interpretazione corrente, la quale vede la politica sopraffatta dall'invasione dell'economia, e dunque costretta suo malgrado ad adeguarsi alle esigenze di questa, arriva sì a descrivere con una certa proprietà gli effetti dell'invasione, ma al prezzo di ignorarne le cause. Sono la cronaca e la storia degli ultimi decenni a mostrare che i confini tra economia e politica non sono stati attraversati dalla prima grazie esclusivamente alle proprie incontenibili forze, come sostiene la interpretazione delineata sopra. Piuttosto va constatato che, a partire dai primi anni 80 del secolo scorso, in numerosi paesi tali confini sono stati deliberatamente spalancati all'economia non da altri che dalla politica, dai suoi parlamenti, e dalle leggi da questi emanate.

L'attraversamento incontrollato dei confini tra politica ed economia non sarebbe potuto avvenire senza l'intervento di una ideologia che dopo esser giunta a pervadere l'intero sistema culturale ha promosso e legittimato tale attraversamento, e lo ha praticato essa stessa in forze riguardo ai suoi confini con tutti gli altri sotto-sistemi. Questa ideologia è il neo-liberalesimo. L'ideologia neo-liberale non è una continuazione alla nostra epoca della dottrina politica liberale: per molti aspetti ne rappresenta una perversione.

Il neo-liberalesimo incorpora nella società contemporanea ciò che, nel suo campo, la fisica ambisce da generazioni a raggiungere, senza però riuscirvi: nulla meno di una teoria del tutto. In primo luogo, comprensibilmente, il neo-liberalesimo è una teoria politica, la quale asserisce in modo categorico che la società tende spontaneamente verso un ordine naturale. Di conseguenza occorre impedire che lo stato, o il governo per esso, interferiscano con l'attuazione e il buon funzionamento di tale ordine. Si tratta di un argomento che viene da lontano, poiché fu usato almeno dal Seicento in poi per contrastare il potere monocratico del sovrano; applicato ad una società democraticamente costituita, esso si trasforma nella realtà in un argomento contro la democrazia.

Parallelamente, il neo-liberalesimo è una teoria economica, in conformità della quale le politiche economiche debbono fondarsi su un paio di assiomi e sulla credenza in tre processi perfetti. Gli assiomi stabiliscono che lo sviluppo continuativo del Pil per almeno 2-3 punti l'anno è indispensabile anche alle società che hanno raggiunto un discreto stato di benessere allo scopo di continuare ad assicurarselo; a tale scopo è pertanto necessario un proporzionale aumento annuo dei consumi, ottenuto producendo bisogni per mezzo di merci e comunicazioni di massa. I tre processi la cui esistenza ed i benefici effetti non ammettono discussione sono: i mercati si autoregolano; il capitale affluisce dove la sua utilità è massima; i rischi (quali che siano: di insolvenza, di caduta dei prezzi, di variazioni dei tassi di interesse ecc.) sono integralmente calcolabili.

Il neo-liberalesimo contiene anche una esauriente teoria dell'istruzione. Il fine ultimo e solo di questa in ogni suo grado e comparto, stabilisce tale teoria, risiede nel conferire all'individuo competenze professionali tali da renderlo produttivamente occupabile. Infine il neo-liberalesimo incorpora una teoria inversa dei beni pubblici: di qualsiasi bene l'individuo e la collettività abbiano bisogno ai fini della loro convivenza e protezione sociale, essa afferma, è più efficiente, dunque necessario, produrlo con mezzi privati.

In sintesi, l'ideologia neo-liberale non riconosce, né ha di fatto, alcun confine; appunto a questo deve la sua efficacia nel contribuire a riorganizzare il mondo sotto il profilo economico, politico e culturale in appena trent'anni. La riorganizzazione politica, economica e culturale del mondo operata dal neoliberalesimo è alla base della crisi economica dei primi anni 2000; di quella cominciata nel 2007; degli immensi costi già inflitti in precedenza a quattro quinti della popolazione mondiale e al pianeta, nonché dei costi umani che l'ultima crisi scaricherà per molti anni sugli strati più deboli della popolazione, sia nei paesi emergenti che in quelli sviluppati. E' questo insieme di cause e di effetti in ogni ambito che induce a definire la crisi economica in atto una crisi di civiltà, una crisi generale della civiltà-mondo.